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Articoli

Enrico Carmassi, nota biografica di Maria Pia Socin

E N R I C O   C A R M A S S I        ----  La Spezia 1897   -   Torino 1975

scultore  -  grafico  -  ceramista

Nota biografica informativa
Fin dai primi anni di scuola Enrico Carmassi  passava molto del suo tempo non a studiare pedissequamente le lezioni assegnategli, ma a ricopiare dal libro di storia le effigi di Garibaldi, di Vittorio Emanuele di Ciro Menotti, di Dante, facendone quadretti di carta, che rivendeva ai compagni, ricavandone.....alcuni bottoni !! (consuetudini del primo decennio del Novecento, oggi, evidentemente, ridicolmente impensabili).


Importante per lui, più di ogni altra cosa, fu, invece, la possibilità di frequentare a Spezia lo studio del pittore Del Santo, che lo introdusse nel mondo del disegno e del colore, ma, soprattutto, lo incoraggiò a iscriversi all'Accademia di Belle Arti della vicina Carrara. Tuttavia, nel 1915, all'età di 18 anni, dovette prematuramente abbandonare lo studio, per contribuire a incrementare in famiglia le già misurate risorse, necessarie alla quotidianeità di una vita, che lo scoppio della prima guerra mondiale e la morte inaspettata di un fratello maggiore avevano reso ancora più pesante. Un anno e mezzo dopo  -a vent'anni-  anche lui venne richiamato alle armi e combattè al fronte per tutto l'ultimo scorcio del conflitto, da Caporetto a Vittorio Veneto.
Tornato alla vita civile nella sua città, Enrico Carmassi si distingue immediatamente nel vivace confronto culturale dei primi anni Venti, di cui Spezia  è teatro fervido di movimento e di ansia di innovazione. Discute accanitamente con i suoi coetanei altrettanto animati, ma non si sottrae nemmeno al confronto con i circoli culturali più chiusi ed esclusivi, per sostenere  -con convinta fermezza-  un  "suo"  modo di rapportarsi al mondo dell'arte, fortemente caratterizzato da una grande  "mobilità" di ispirazione, accompagnata da un altrettanto fermo e deciso rifiuto di ogni determinazione  "acritica"  di canoni fissi e apparentemente  -irremovibili- :  il che, automaticamente, lo pone in posizione provocatoria di fronte agli scultori più  " a la page"  dell'epoca, nei quali permangono schemi e precetti, che ostano a qualsiasi intento libertario.
Nel 1922 Enrico Carmassi possiede, finalmente, il suo primo studio di artista in Via dei Mulini, dove comincia a lavorare febbrilmente e accanitamente, pur sentendosi, in un certo qual modo, impreparato, a causa della forzata interruzione dei suoi studi a Carrara.   Ma  -non meno consapevolmente-  il suo istinto prepotente di artista lo obbliga a combattere col tempo e con ogni tipo di impedimento, per costruire, ad ogni costo, il suo  "autonomo"  destino di scultore, rifiutando sia il facile ottimismo di maniera, sia certo  trionfalismo imperante, anche formale, arido e/o stereotipato.

 


In quest'ottica non è affatto casuale che  -nel primo dei due periodi in cui può essere scandita la sua storia creativa-  Enrico Carmassi aderisca al movimento futurista, pur senza mai trascurare di guardare con attenzione e disponibilità  all'esigenza figurativa.  Perciò  -in perfetta coerenza con se stesso-  anche al futurismo egli aderisce in modo libero, riservandosi ampi spazi di autonomia espressiva.Perfino il principio di simultaneità del moto  -proprio dell'arte futurista- viene da Enrico Carmassi inteso soprattutto come  "sincronismo formale" , come  "convergenza"  di forze e, soprattutto , di motivazioni ispirative.
Fin dai primi anni della sua attività, insomma, Enrico Carmassi si rivela subito un artista capace di scrupolose osservanze, ma anche di insofferenze; di assensi di massima, ma anche di profondi  "distinguo"  all'interno del movimento. Egli era solito, infatti, affermare, che per lui l'importante era e rimaneva sempre il  "rischio":  rischio da affrontare, obbedendo unicamente all'energia della propria  "urgenza ispirativa".
La sua volontà di artista e di operatore culturale si afferma, dunque,  come volontà di  "provocare"  la nascita concreta di nuovi impulsi, di nuovi spazi immaginativi, di nuove soluzioni tecniche:  il che rappresenta l'esatto contrario di un'arte  "dipendente",  "conformista", oppure  -peggio-  in qualche modo  "condizionata"  da qualsivoglia movimento, o atteggiamento culturalpolitico di qualunque natura.
Conseguentemente, anche quando Enrico Carmassi venne chiamato alla conduzione del Sindacato  Fascista Artisti di La Spezia, egli non smentì se stesso, aprendo l'organizzazione  (in qualche misura, ovviamente, politicamente vincolata)  alla scambio di opinioni, al confronto serrato delle idee, alla dissoluzione delle trame e delle pastoie ideologiche preconfezionate.
Verso la fine degli anni Venti la sua attività di scultore raggiunge il massimo del consenso sia negli ambienti artistici più qualificati, sia nelle valutazioni della critica specialistica. Molti sono i premi prestigiosi che gli  vengono assegnati e altrettante sono le commesse per la realizzazione di sculture monumentali sia nel pubblico che nel privato. In quegli anni e nel decennio successivo Enrico Carmassi espone a Milano, Genova, La Spezia e viene invitato a presentare le sue opere nelle due mostre nazionali più importanti: La Biennale d'Arte di Venezia  (  ove nel 1934 espone  "LA DONNA ELICA"  ) e per due volte  ( Sesta e Ottava)  la  Quadriennale nazionale d'Arte di Roma  ( ove espone,  rispettivamente, "RAGAZZO"  e  "FRAMMENTO"  ).
Negli anni Trenta Enrico Carmassi è diventato un uomo di cultura completo:  disegna,  organizza mostre, scrive su quotidiani e periodici, cimentandosi, oltre che nella critica d'arte, in quella musicale e teatrale.
Organizza rassegne personali e collettive anche in favore di altri artisti, ma, soprattutto,  si attiva     (d'intesa con Marinetti e Fillia)   come uno dei principali promotori e organizzatori del più prestigioso evento pittorico spezzino dal 1934 al 1940 e oltre:  il  PREMIO NAZIONALE DI PITTURA   "GOLFO DELLA  SPEZIA" , facendo parte della giuria del medesimo insieme a Maraini e Casorati.
Continuano, intanto, a non mancargli prestigiosi riconoscimenti personali. Oltre che alla Spezia è premiato ancora a Genova e a Torino, quale vincitore assoluto di manifestazioni artistiche nazionali per il settore dells scultura.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale  -fra il 1940 e il 1944-  la città di La Spezia subisce  -perfino dal mare-  una serie di bombardamenti talmente devastanti, che sembrava dovessero finire per  "raderla al suolo". In diverse occasioni lo studio di Enrico Carmassi viene ridotto in macerie; le opere ivi contenute risultano, in gran parte, danneggiate, distrutte e/o disperse. Così attesta lo stesso artista in una struggente lettera alla famiglia.
Enrico Carmassi  si trova, dunque, costretto ad abbandonare la sua amata città, trasferendosi a Castellamonte  nel Canavese, provincia di Torino, ove il Ministero della Pubblica Istruzione gli  ha affidato l'incarico di direttore della locale Scuola d'Arte ( successivamente evolutasi  -per suo merito-  in Istituto d'Arte ) . Da quel momento inizia il secondo fertilissimo periodo dell'attività di Enrico Carmassi: periodo denso di affermazioni e oggetto di attenzioni particolari da parte del mondo artistico torinese, nonchè della critica d'arte più qualificata:  successo meritato, che egli condivide con la pittrice Tullia Socin  di Bolzano, ottima e altrettanto qualificata, nonchè premiata artista, divenuta sua moglie nel 1944. Al termine del secondo conflitto mondiale  -dal 1945 in poi e, segnatamente, negli anni Cinquanta e Sessanta-  il fervore creativo di Enrico Carmassi diventa davvero prodigioso, estendendosi anche alla grafica e alla ceramica.  I suoi disegni  ( che egli espone sempre accanto alle sculture )  non si limitano ad essere solamente  "preparatori" alle produzioni plastiche, ma vivono di vita propria con notevole efficacia e vivacità delineativa.  Nel 1964, infatti, a Torino, a Biella, a Vercelli, alla Spezia, Enrico Carmassi li espone insieme a quaranta sculture e a numerose, splendide terrecotte patinate, alla cui realizzazione pittorica  di patine e smalti -in perfetta, reciprocamente autonoma sinergia-  ha contribuito la moglie,pittrice Tullia Socin.
Nel 1966 e nel 1968  -in due distinte mostre organizzate dalla gloriosa "PROMOTRICE"  di Torino-  Enrico Carmassi espone quattro composizioni,  inedite sia nel tema che nella soluzione strutturale:  "L' UOMO E LA LUNA",  "GRIDO NELLO STERMINIO",  "UOMO FIGURA"  e  "METROPOLI".  Per quest'ultima opera monumentale l'artista propone anche un altro titolo alternativo, che sembra corrispondere maggiormente alla motivazione ispiratrice  dell'autore, nonchè alla concretezza della sua realizzazione formale : più precisamente   "CITTA'  COMPRESSA".
Tutte e quattro queste opere  manifestano particolare efficacia espressiva e si allontanano decisamente da ogni canone esteriormente costruito, per
documentare inequivocabilmente ciò che critici come Munari, Arnaud, Bisignani definiscono   "il permanente scatto fantastico, cui Enrico Carmassi  obbedisce, seguendo una serie di impulsi razionali-emozionali, che, di volta in volta, si concretano in soluzioni formali sempre aperte e generatrici di armonie immediate ed essenziali".   
All'inizio degli anni Settanta e verso la fine della sua vita, nei suoi incontri con amici e familiari, Enrico Carmassi  -tra orgoglio e umiltà-  amava ricordare i momenti per lui più significativi del suo  "iter"  artistico:  dagli esordi nella sua città natale con le prime affermazioni culminate con i prestigiosi inviti alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma fino ai riconoscimenti continuati dopo il 1945 al Morgan's Paint di Rimini, alla Triennale di Milano, alla Promotrice di Torino e all'Internazionale di Carrara. Ricordava, inoltre, con commozione i premi conseguiti in importanti manifestazioni espositive e rassegne di scultura ad
Ancona, Pesaro, Milano, Napoli, Perugia, Buenos Aires, Monaco e Saint Vincent.
Con legittima fierezza citava anche le sue opere monumentali e/o decorative, che erano state e sono ancora collocate in spazi pubblici a Busto Arsizio, Biella, Ivrea, Ventimiglia, Rivarolo e La Spezia, nel cui cimitero urbano  (oltre a numerosi rilievi che arricchiscono varie cappelle funerarie )  si trova sistemata la sua splendida esedra dedicata ai caduti di Pagliari.
Fra le opere eseguite da Enrico Carmassi per la sua città natale vanno ancora ricordati imonumenti a Cesare Battisti e a Nazario Sauro, quelli ai caduti di Ceparana e Corniglia, due grandi statue sacre per la chiesa di S.Andrea e S.Cipriano accanto al vecchio Ospedale di La Spezia  (  all'origine poste all'esterno e ora sistemate nell'interno, ai due lati dell'altar maggiore ); due grandi statue di atleti poste ai lati della cancellata di ingresso dello stadio comunale e la grande statua in ceramica a smalto e patina di S.Vincenzo, tuttora posta in una nicchia della facciata sopra la porta principale di ingresso della chiesa inserita architettonicamente nella struttura della Casa di Ricovero per le  Vecchiette in Via S.Bartolomeo.
Infine  -a esemplificare in modo ancor più determinante le  notevoli capacità inventive e il singolare stile di Enrico Carmassi scultore-  non si possono trascurare altre due mostre importanti, che portano la data del 1969  ( quella al Circolo Eporediese di Ivrea )  e del 1971  (quella alla Galleria del Minotauro di La Spezia ).
In ambedue queste occasioni espositive Enrico Carmassi ha dimostrato di saper veramente e stabilmente tradurre in composizioni esaustive la sua fertilità inventiva,  capace di governare sia l'altezza e la profondità della tematica affrontata, sia le veramente inedite soluzioni plastiche finali.
In quelle due mostre è esplosa in modo prepotente quella  "singolarità modulare" , che inserisce Enrico Carmassi fra  "le voci più qualificate nel vasto complesso della scultura italiana del secondo Novecento".
Nelle opere esposte, prodotto dell'ultima fase della sua attività, in modo ancor più esplicito rispetto agli esordi, Enrico Carmassi continua a guardare alle infinite possibilità alternative, offerte dalla sua continua e instancabile ricerca, piuttosto che alla quiete, garantita da verità irremovibili. Le sue figurazioni  -per quanto diversificate-  attestano coerentemente una nuova, drammatica condizione umana,calata in un presente, che non conosce alcuna certezza del reale.
Ciò nonostante Enrico Carmassi resta sempre fedele alla forte e ordinata organizzazione plastica della sua fervida creatività:  fedeltà pervicacemente mantenuta grazie all' impegno totale sia degli stimoli del suo agitato territorio inventivo, sia dei connessi limpidi intenti etico-storici e dei forti tormenti, tesi alla conquista di un'alta spiritualizzazione della materia.
Il gruppo delle opere esposte  ( N°7  )   alle due mostre sopra menzionate è dal Carmassi indicato globalmente con la titolazione  "PRIGIONIERI"  .
In un suo personalissimo e intimo scritto di riferimento l'artista annota:
" A Torino, a Ivrea, alla Spezia ho presentato un gruppo di sculture che hanno per tema  LA PRIGIONIA DELL'UOMO.  Sono esseri costretti da gabbie in un'ansia di liberazione. Qualcuno vi aveva vista evocare la guerra con i campi di prigionia e di morte; invece è l'uomo, nella sua prigionia di ogni tempo, di ogni luogo; l'uomo chiuso tra le sbarre dell'ingiustizia e della malvagità umane, in un'ansia di liberazione verso Dio e l'eternità". L'ottava scultura, che completa il gruppo, porta, infatti il titolo di  "LIBERAZIONE".
Nell'esigenza di precisare la motivazione profonda che lo ha ispirato l'artista palesa in se stesso  -attraverso la sua opera-  la consapevole esistenza di un vero rapporto dialettico fra antico e contemporaneo, laddove egli esamina la condizione umana di prigionia continua non in rapporto a fluttuanti eventi transitori e  storicamente definiti, ma in riferimento a valori e tormenti, che si manifestano al di là delle epoche e dei fatti contingenti :  essi sono , dunque, allo stesso tempo  "remoti" e  "attuali" e, perciò stesso, PERMANENTI  nella storia dell'uomo.  Conseguentemente, nell'opera di Enrico Carmassi non  si riscontra mai
nè la  "declamazione"  della sofferenza nè l'animosità incontrollata del contrasto.
C'è, invece, una grande accettazione umana dell'umana condizione : accettazione non rassegnata e passiva ,  ma respiro poetico immediato e genuino.
Tuttavia Enrico Carmassi non realizza oggetti di  "estetica" .  Come sempre, egli vuole, invece, sollecitare idee e sernsazioni, senza soluzione di continuità  e con un atteggiamento culturale di ricerca, di curiosità, di rischio,  che  -fin dagli esordi-  non ha mai mancato di connotare la sua creatività, che si spezzò  -insieme a lui- improvvisamente, in una sera di novembre del 1975.

Bolzano, aprile 2oo8

Maria Pia Socin
unica custode responsabile delle opere
lasciate dall'artista.

Wikipedia tullia socin

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