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Tullia Socin, nota biografica di Maria Pia Socin

 

Tullia Socin è nata a Bolzano il 7 gennaio 1907 da famiglia proveniente dalla valle di Non nel vicino Trentino, insediata a Bolzano fin dal 1870 con la fabbrica di fisarmoniche e strumenti musicali "Fidel Socin" .

Il fondatore dell'attività Fedele Socin, nonno paterno della pittrice, conobbe i pittori sudtirolesi Stolz (Ignaz padre, Ignaz figlio e Albert), i quali avevano bottega nei pressi della sua prima residenza in Via della Roggia a Bolzano. Alla consuetudine istauratasi fra loro si deve il ritratto del medesimo Fedele Socin dal titolo "KLAVIERFABRIKANT" (Il costruttore di pianoforti), eseguito da Albert Stolz ventenne verso il 1895, tuttora in possesso dell'erede della famiglia, prof. Maria Pia Socin, autrice della presente nota biografica.
Fin dalla sua infanzia, dunque, Tullia Socin ebbe davanti agli occhi quel ritratto, entrato -per così dire- a far parte della sua vita, coniugando in un'unica sintesi sia le ragioni affettive che quelle più intime e nascoste, motivate da un istinto, che l'avrebbe portata verso il suo destino di artista.

Tullia Socin ha frequentato la scuola elementare presso le suore dell'istituto "Santa Maria" di Bolzano. Negli anni seguenti la fine del primo conflitto mondiale (1914 - 1918) ha concluso il corso di studi usuale per una donna del tempo presso l'educandato "Notre Dame de Sion" nella sua sede di Trento, conseguendo -nel 1924- il diploma di lingua e letteratura francese all'Università di Grenoble.
Nel corso di quegli anni Tullia Socin andò anche definendo e riconoscendo in sè con consapevolezza sempre più lucida e determinata la sua sete di atmosfere luminose e il suo naturale istinto verso il linguaggio del segno grafico: in una parola, verso la sua vocazione alla pittura. Affacciandosi agli anni della sua prima giovinezza, Tullia Socin sentì, però, altrettanto chiaramente che, per dare concretezza a quanto di inespresso le urgeva dentro, le era necessaria una severa preparazione, la quale andasse molto al di là di quanto -in materia- avessero potuto fornirle gli studi precedenti, circoscritti, com'erano stati, alla sfera
dell'educandato femminile dell'epoca -ben lontani, quindi, dal consentirle l'esercizio di quella irrinunciabile libertà culturale, artistica e professionale, che, oggi, si apre come ovvia per tutto l'universo femminile.

Fu, quindi, non senza qualche perplessità da parte della famiglia, che,nel 1925, Tullia Socin decise di iscriversi alla Regia Accademia di Belle Arti di Venezia, dove -previo conseguimento del prescritto diploma di maturità artistica in soli due anni- frequentò per quattro anni il corso superiore di pittura tenuto dal Maestro contemporaneo Virgilio Guidi e conseguì la relativa licenza di pittore accademico nel 1932. Durante gli anni di studio veneziani Tullia Socin godette della stima e dell'incoraggiamento incondizionato sia del Maestro Virgilio Guidi che del Maestro scultore presso la medesima Accademia Vincenzo Bellotto, di cui dipinse un ritratto (il primo della sua attività) ora facente parte della collezione Socin.
Al periodo veneziano di studi seguono per l'artista ulteriori esperienze di formazione e di approfondimento: nel 1932 a Parigi, dove dipinge ed espone "DONNA CHE LEGGE"; nel 1934 a Roma presso lo studio del Maestro Giulio Bargellini, che la introduce nella tecnica dell'affresco e la incoraggia ulteriormente, riconoscendo in lei "una vera, autentica, acuta tempra d'artista". (cfr. Archivio Socin - carteggio privato dell'artista)

Nei suoi periodici, ma brevi soggiorni a Bolzano Tullia Socin ebbe, ovviamente, consuetudine con i più noti e quotati artisti locali, quali gli scultori Piffrader e Gabloner, i pittori Stolz e Kienlechner, con i quali condivideva una grande ammirazione per ALBIN EGGER-LIENZ, il Maestro dell'espressionismo austriaco, consacrato allora anche dal 1° premio conseguito alla XIII edizione della Biennale d'Arte di Venezia e pochi anni dopo -nel 1926- scomparso nei pressi di Bolzano, ove si era stabilito. Nelle sue prime prove, infatti, l'artista "si esercitò per amore elettivo sul controllo linguistico di taluni stupendi testi pittorici locali, per giungere, nell'evolversi successivo della sua pittura, al sentimento dell'immagine e, soprattutto, del paesaggio, inteso come panico mistero". (cfr. Archivio Socin - stralci da recensioni critiche d'epoca)

Terminata la sua prima esperienza formativa,dal 1933 fino a tutto il 1941, la pittrice si sentì pronta ad affrontare -sul campo- le sfide della cultura e dell'arte del tempo dentro il contesto socio-politico di un sistema, il quale, pur tendendo a convogliare le espressioni artistiche -soprattutto figurative- verso contenuti ideologici e/o celebrativi, non riuscì mai, tuttavia, a condizionare nell'artista la sua libertà di ispirazione, la sua visione totalizzante dell'arte: a costringerne -insomma- la creatività dentro i limiti della sterile ricerca di facili consensi, risalenti a motivazioni diverse da quelle riferite all'analisi accurata e severa del linguaggio artistico a lei congeniale.

Prova ne sia il fatto che, in tutta la produzione artistica di quel periodo (comprendente un'ottantina di tele), Tullia Socin -riferendosi ad esplicite richieste di altrettanti bandi di concorso- soltanto tre ne dedicasse alla tematica ideologica dominante: GIOVANI ITALIANE, LEGIONARIO FERITO, MEDAGLIA ALLA MEMORIA, attualmente presenti nella collezione lasciata dall'artista.
Densa e instancabile è, comunque, nel periodo, la partecipazione ai concorsi banditi e alle mostre collettive, organizzate non solo in sede locale, ma anche nazionale. Ovunque Tullia Socin consegue sia il consenso unanime della critica più qualificata, sia i premi più ambiti e prestigiosi, sia ancora le motivazioni esplicite e più che lusinghiere che ne hanno accompagnato l'assegnazione da parte delle relative giurie, come quella operante alla Spezia per le varie edizioni del "PREMIO DEL GOLFO", composta dai Maestri Carlo Carrà, Felice Casorati, Renato Guttuso, nonchè dai critici d'arte Marco Valsecchi, Ubaldo Formentini, Carlo Ragghianti, che la presiedeva.

L'anno 1941 segna per Tullia Socin l'inizio di un periodo di "silenzio pubblico", dovuto alla tragedia europea del secondo conflitto mondiale, che l'ha vista sfollata prima a Castelrotto nei pressi di Bolzano, poi -con la famiglia- nella casa d'origine materna in Val di Non. Questo silenzio si protrae fino al termine del conflitto (1945) e rappresenta per l'artista occasione di ulteriore riflessione e di conseguente approfondimento, veramente preziosi per l'evolversi della sua creatività, i cui frutti -per così dire- esplodono nelle opere successive in evoluzione stilistica e strutturale incessante.
Si tratta di opere, in cui "la sensibilità cromatica si affina, in cui il linguaggio pittorico acquista un tratto premonitore sempre più innovativo e personale. La sua tavolozza irradia luminosità e respiro a tutto campo, arricchendosi di tecniche via via più ardite e inusuali, sottolineate da preziosità materiche veramente suggestive". ( cfr. Archivio Socin - stralci da recensioni critiche d'epoca ).

Nel corso degli anni Cinquanta le opere di Tullia Socin in un primo tempo tradiscono un fuggevole interesse verso i suggerimenti delle tendenze correnti di natura postcubista, progressivamente abbandonati per affrontare le fasi, a lei più congeniali, dell'abbandono di ogni tentazione meramente descrittiva, privilegiando -in modo sempre più esplicito- un dialogo essenziale, coerente e ininterrotto con la natura, sentita emotivamente in tutta la sua energia vitale: dalla pietra, al fossile, ai fremiti di ogni essere vivente, a ogni trasparenza vibrante, al cosmo e alle sue inesplorate meraviglie piene di mistero.
Questo dialogo appassionato, tuttavia, non approda mai a uno stato di rottura. L'evoluzione dell'artista "è sempre calibrata e controllatissima nelle proprie ricerche linguistico-espressive, animata, com'è, da un'incrollabile fede nella propria visione del mondo, retta da una coerenza assoluta, che potrebbe addirittura venire assunta a definizione morale". E, si potrebbe aggiungere, senza soluzione di continuità: dai lontani esordi veneziani fino alla conclusione della sua vicenda artistica terrena. (cfr. Archivio Socin - recensioni critiche d'epoca). Il mondo interiore ed essenziale delle emozioni, in cui si muove l'artista, non si astrae mai dalle dimensioni dell'uomo, delle sue meraviglie, delle sue paure. Proprio per questo lo stile conclusivo della sua storia di artista sembra correttamente definito da Arnaud come "astrattismo umanistico". (cfr. -Compendio degli artisti italiani contemporanei- Ed. La Ginestra - Arezzo)
Anche se, per la pittura di Tullia Socin, mi parrebbe più pertinente parlare di "astrazione" ben distante da ogni "ismo" di corrente. Nello stesso modo Tullia Socin è annoverata anche nell' "Annuario degli Artisti" -
Roma 1961, oltre che in numerosissimi e prestigiosi cataloghi di mostre nazionali e internazionali, cui la pittrice fino ai suoi ultimi anni ( 1985 - 1995 ) è stata invitata, continuando a conseguire affermazioni e premi importanti insieme a unanimi consensi critici, come quelli di Marziano Bernardi ( la Stampa - Torino ) , di Marco Valsecchi ( Il Giorno - Milano ), di Mario Radice ( La Provincia - Como). Per non parlare delle altrettanto numerose mostre personali per lei organizzate a La Spezia, Ivrea, Torino , St. Vincent, Monaco di Baviera, Vienna , Bolzano.
Opere della pittrice si trovano alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, alla Galleria Civica di La Spezia, al Museo Civico di Bolzano, alla Cassa di Risparmio della Provincia di Bolzano e in numerose collezioni private a Bolzano, Milano, Torino, Vienna, Monaco di Baviera.

Il fecondissimo periodo creativo postbellico -fino a tutto il 1974- ha visto Tullia Socin trasferita a Torino insieme al marito, il Maestro scultore Enrico Carmassi, all'epoca altrettanto affermato nel panorama artistico della cultura italiana, il quale, da Spezia, era migrato in Piemonte in seguito alla distruzione e al saccheggio del suo studio di La Spezia durante il secondo conflitto mondiale.
Enrico Carmassi proveniva dalla tradizione ligure-toscana, che vedeva nella prestigiosa Accademia di Belle Arti di Carrara il suo punto di riferimento e aveva sposato Tullia Socin nel settembre del 1943.
L'unione di due personalità artistiche così spiccate si risolse in reciproco, profondo arricchimento, senza mai invadere la libera originalità creativa dei due protagonisti.
L'esperienza quotidiana di confronto artistico e culturale fra la pittrice e lo scultore portò Tullia Socin -in collaborazione col marito- a nutrire una viva curiosità di ricerca verso l'arte della ceramica, di cui studiò, sperimentò e, infine giunse a realizzare tecniche originalissime di smalti e patinature, inserendosi nel lavoro di modellato, operato dallo scultore, con cromatismi sorprendenti, studiati specificamente per ogni singolo pezzo: dal piccolo, prezioso soprammobile, ai grandi pannelli in rilievo e graffito e alle grandi composizioni scultoree complesse e monumentali.

Il risultato della felice collaborazione dei due artisti in questo campo portò a realizzazioni stupefacenti e inedite, che hanno riscosso la più grande ammirazione e il maggior consenso critico. Le opere monumentali eseguite su commissione e/o per concorso si trovano alla Spezia, al Banco di S.Paolo di Torino, nel giardino della villa Olivetti a Ivrea e altrove.

Gli ultimi anni dell'esistenza terrena di Tullia Socin furono funestati da prove particolarmente dolorose e dure. Prime fra tutte le morti dell'adorata madre (1974) e del marito (1975), avvenute a un solo anno di distanza l'una dall'altra, le quali la riportarono definitivamente a Bolzano, nella sua città natale.
Inoltre, particolarmente straziante per un pittore, una malattia agli occhi, che portò l'artista a un sensibile indebolimento della vista, della cui dolorosa realtà interiore sono testimoni quattro composizioni a tecnica mista -per così dire- autobiografiche, tre delle quali (Eclisse 1, Eclisse 2, Eclisse 3) veramente struggenti e la quarta, quasi un autoritratto dello spirito, il cui titolo "DETERMINAZIONE COMBINATA" rappresenta, da solo, tutto un programma, tutta la caparbia volontà dell' artista, "determinata" - appunto - a reagire alla prova vittoriosamente, come, di fatto, avvenne.

Fino all'ultimo Tullia Socin ha testimoniato - dunque -il suo carattere forte e combattivo, financo pronto a gestire a suo favore una menomazione, del tutto incapace di oscurare la luminosità e la gamma cromatica rarefatta di una tavolozza, che l'artista gelosamente continuava a custodire nel profondo, oltre i suoi occhi stanchi, i quali, ripiegandosi sulla sua anima, serenamente si chiusero, spegnendone la vita, il mattino del 20 gennaio 1995.


Un'esistenza come quella di Tullia Socin, capace di trasmettere  - attraverso la sua arte - un messaggio tanto importante nel contesto delle vicende della cosiddetta "grande Storia" del secolo appena concluso, non può essere dimenticata e neppure consumarsi nel privato. Essa appartiene al mondo e perciò sono decisa a consegnarla -come merita- alla storia del Novecento italiano con le sue luci e le sue ombre, le sue sterili esaltazioni di ogni provenienza ideologica e le sue tragedie ovunque consumate. Nessuno più di un artista può esserne, infatti, testimone credibile e informatore profetico per le nuove generazioni.

Bolzano, giugno 2008

Maria Pia Socin

Wikipedia tullia socin

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